“Tutte le strade portano a Roma”… Talvolta no

Tutte le strade portano a Roma” … Talvolta no

Nel mondo romano le cave di estrazione del marmo erano disseminate soprattutto nelle province orientali e meridionali dell’immenso impero. I più richiesti dall’edilizia pubblica e privata erano i marmi policromi, per conferire magnificenza e splendore ai rivestimenti architettonici, o particolari tipologie di bianchi per la statuaria, bianchi con venature di colore e bigi per i monumentali colonnati, unitamente al porfido, una roccia ignea effusiva che, per il colore rosso simile a quello della porpora, era idealmente associata al potere imperiale e largamente impiegata, soprattutto nei manufatti realizzati per la casa imperiale.

 

A Roma, presso il Tevere sotto il Monte Aventino, c’era la Statio Marmorum, il principale centro di raccolta e smistamento dell’enorme flusso dei materiali lapidei che, presso il porto dell’Emporium, giungevano nella Capitale e c’era la sede del Procurator marmorum, cioè del funzionario principale, di rango equestre, a capo del servizio statale, supportato dai tabularii, contabili di categorie diverse, dai rationales e da una variegata schiera di addetti e funzionari, dei quali i numerosi documenti epigrafici e le iscrizioni incise sui marmi, hanno tramandato nomi e funzioni.

Tuttavia, non tutti i marmi estratti dalle cave raggiungevano Roma, perché una parte cospicua andava ad abbellire altre città di antico prestigio, come Ostia Antica o Alessandria, in Egitto, o centri di più recente nobiltà acquisita per essere terra di origine di imperatori, come le libiche Sabratha e Leptis Magna, legate alla stirpe dei Severi.